Non tutti i viaggiatori che arrivano a Roma vanno però subito per prima visita a San Pietro. Taluno s'informa, appena arrivato, della chiesa di Sant'Onofrio, e va pensando a Torquato Tasso. Perchè talora la vita breve di un uomo comprende fatti ed ammaestramenti come quella di un popolo, ed è grande premio a chi ha nobilmente operato e sofferto questo rimanere nella memoria dei posteri amato e rimpianto.
«Me dal sen della madre empia fortunaPargoletto divelse. Ah! di que' baci
Ch'ella bagnò di lagrime dolentiCon sospir mi rimembra, e degli ardenti
Preghi che sen portâr l'aure fugaci;
Ch'io giunger non dovea più volto a voltoFra quelle braccia accolto
Con nodi così stretti e sì tenaci.
Lasso! e seguii con mal sicure piante,
Qual Ascanio o Camilla, il padre errante.
In aspro esiglio e in duraPovertà crebbi in quei sì mesti errori:
Intempestivo senso ebbi agli affanni;
Ch'anzi stagion maturaL'acerbità dei casi e de' dolori
In me rendè l'acerbità degli anni.»
Così ha detto il Tasso di sè stesso.
Il padre del Tasso era un grande poeta, che molto più sarebbe in fama se tanto non fosse stato superato dal figlio. Padre e figlio vissero al servizio dei principi, di quei principi che tanto furon lodati per la loro splendidezza, pel fasto delle loro corti, e sovratutto per la protezione concessa ai letterati ed artisti. Misera protezione che si doveva comprare col sacrifizio della propria dignità nell'ignobile vita delle corti.
Torquato Tasso ramingò per ogni parte d'Italia, sprovvisto di tutto, anche talora di un pane per sfamarsi, anche talora di un ricovero dove posare le membra affrante, e quetare almeno per qualche istante le tempeste della mente.
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