Dalla scuola del Prinetti passò a quella di Don Angelo Tesei che in poco più di un anno lo rese un lettore di musica sicurissimo, un abile accompagnatore e un buon cantante. Non era allora solennità ecclesiastica in Bologna o nelle città vicine alla quale Gioacchino non prendesse parte, rimunerato per ciascun officio con tre paoli. E allora potè pure seguire la carriera teatrale della madre come maestro al cembalo per accompagnare i recitativi, e come istruttore e direttore dei cori.
Nel 1807 entrò come allievo di composizione nel Liceo musicale di Bologna, diretto allora dal Padre Stanislao Mattei, che aveva fama di dottissimo, e che, per molti rispetti, lo era.
Prima d'essere allievo del Padre Mattei, egli aveva scritto dei piccoli pezzi per due corni, che eseguiva col padre, e aveva scritto per la famiglia Mombelli (una famiglia di celebri cantanti) la parte de' pezzi dell'opera Demetrio e Polibio, che fece poi rappresentare a Roma nel 1812. Fra quei pezzi, tutti mirabili, era pure il quartetto, condotto con la naturalezza e con la sicurezza del genio. Dalle piccole composizioni per due corni ne cavò egli stesso, venticinque anni dopo, il bellissimo tema della fanfara a quattro corni da caccia, composta a Rambouillet e dedicato allo Schickler. Così egli scriveva quando non sapeva d'armonia, quando non aveva altra guida che l'istinto. Ebbene, dopo aver studiato sei mesi col Padre Mattei, il Rossini esitava, e vedeva scorrezioni, errori, e orrori in ogni nota. Per buona sorte però, da sè stesso aveva intrapreso il migliore e il più proficuo degli studi: chiuso nella biblioteca del Liceo, egli passava intere giornate sui capolavori, sulle sinfonie e sui quartetti dell'Haydn e del Mozart che, a meglio rilevarne le bellezze, metteva in partitura.
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