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      I più benevoli si contentarono di fargli onore dei suoi frizzi, dei suoi motti, delle sue arguzie, dei suoi calembours.
      Oh chi potesse vedere che cosa sta dietro quei sorrisi, quei frizzi, quelle arguzie!
      Un giornale francese riporta che una sera trovandosi l'imperatore Luigi Napoleone in teatro, seppe che c'era pure Rossini, e lo mandò a chiamare.
      Rossini si presentò, scusandosi del suo vestiario tutt'altro che da visita...
      - Oh, rispose l'Imperatore, fra noi sovrani...
      Io non aggiungerò qui altro intorno a Gioacchino Rossini. E se parrà che io abbia detto poco di un sì grand'uomo, ripeterò quello che ho avvertito incominciando, che non fu mio proposito dettare una biografia del Rossini, ma solo notare come la sua vita confermi una volta di più due verità dolorose:
      La prima è, che quando taluno fa qualche cosa di straordinario, sovrattutto in fatto di arti belle, gli uomini sono troppo propensi a negargli ogni merito di lavoro e riferire tutto ad un puro e semplice effetto del genio. Mentre è certo che il solo genio, non fecondato dal lavoro, non produce nulla; o, per dir meglio, vero genio senza amore di lavoro, forse non esiste.
      La seconda dolorosa verità è questa, che i giudizi che si fanno da molti scrittori intorno alla vita dei grandi uomini, sovrattutto dei più popolari ed accetti, sogliono essere ingiusti, e ben sovente maligni. Se producono molto, si biasima la loro fecondità; se producono poco, si biasima il loro ozio: negli atti della loro vita privata si cerca con minuziosa perfidia ogni argomento di biasimo.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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