Nel 1746 il Goldoni, in procinto di lasciare Firenze, fu invitato ad assistere ad una seduta dell'accademia degli Apatisti. Egli era stato altre volte alle sedute di quell'accademia; ma quel giorno si trattava di vedere il Sibillone, divertimento letterario che si dava di tempo in tempo, ed al quale non aveva ancora assistito.
Che cosa fosse quel divertimento, dirò colle stesse parole del celebre avvocato veneziano:
«... Il Sibillone, o la gran Sibilla, è un ragazzo di dieci o dodici anni, che vien posto in una cattedra in mezzo della sala dell'assemblea.
«Una persona qualunque il caso voglia del numero degli assistenti, indirizza una domanda a questa giovane Sibilla; il ragazzo deve nell'atto stesso pronunziare un termine, e questo è l'oracolo della profetessa, ed è la risposta alla questione proposta.
«Queste risposte, simili oracoli, dati da uno scolaro senza avere il tempo della riflessione, non hanno per lo più senso comune, e perciò sta sempre accanto alla cattedra uno degli accademici, il quale alzandosi dalla sedia, sostiene che la Sibilla ha ben risposto, accingendosi a dare, nel momento, l'interpretazione dell'oracolo...».
Andò dunque il Goldoni all'accademia degli Apatisti a vedere il Sibillone, ed ecco il modo in cui racconta egli stesso quello che ha veduto:
«... L'interrogante, che era forestiero come me, pregò la Sibilla di avere la compiacenza di dirgli, perchè le donne piangon più spesso e più facilmente degli uomini. La Sibilla per risposta, pronunziò la parola paglia, e l'interprete indirizzando il discorso all'autore della questione, sostenne, che l'oracolo non poteva essere nè più decisivo, nè più soddisfacente.
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