In capo a due anni egli guadagnava una lira e quaranta centesimi al giorno e cominciava a lavorare per bene.
Nel 1844 il Barbetti andò a Firenze, lasciando a Siena il Giusti nella sua bottega in piazza di San Pellegrino, con l'incarico di sbrigare i piccoli affari che egli lasciava incompiuti o non cominciati.
Poco rimase il Giusti in questa bottega, nella quale entrò, a lui succedendo, l'intagliatore Rossi, che gli era stato compagno qualche tempo prima.
E condusse a pigione una botteghina in via Galgaria, ove tutto si diede al lavoro e prese a fare una cornice di legno noce, ed un'altra d'avorio. Cotesta voglia del lavorare l'avorio gli saltò in mente dopo uno scherzo fatto ad un suo amico, il dottore Carpellini, che avendo dimenticato da lui un bastone dal pomo eburneo, se lo vide restituire con sopra intagliato un grazioso scarafaggio.
La cornice di noce a metà fatta fu messa fuori della bottega, e piaceva molto alla gente che passava.
Intanto egli andava ogni giorno alcune ore a fare il disegno di un medaglione scolpito in legno dal celebre intagliatore senese Antonio Barili, contemporaneo di Raffaello.
Passando allora davanti alla bottega del Giusti un gentiluomo inglese, George Vivian, vide quella cornice, incominciata, e la trovò molto bella: il giorno dopo condusse là il suo amico lord Northesk, il quale invaghitosi di quell'incominciato lavoro, diede incarico al giovane intagliatore di compierlo per suo conto.
Il signor Vivian vide il disegno del bellissimo medaglione del Barili, e saputo dal Giusti che ne esisteva in casa del signor Malavolti l'originale, con esso andò a visitarlo, ed invitò il giovane artista a farne uno eguale, promettendogli cento scudi quando fosse bene riuscito.
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