Figlio di un bottaio prima di essere scrittore, dimostrò luminosamente quanto possa l'uomo col fermo volere. E perciò ho stimato opportuno riferire i fatti principali di questa nobile vita, colle parole stesse con cui egli li ha narrati.
«Bramo sia noto, che la mia nascita e la fortuna dalla quale fu accompagnata, non mi aveva destinato allo studio. Nacqui, sono già scorsi settant'anni, figlio di un povero e onesto, e dirò anche abile falegname, che con una bottega, o dir vogliasi elegantemente officina, accreditata però abbastanza, per quanto ristretta fosse, ricavò fino che fu nel vigore dell'età sua, mezzi sufficienti ad una limitata sussistenza per sè, e per la sua famiglia. Fu il mio genitore di carattere piuttosto severo, e tenacissimo nelle opinioni che in quei tempi prevalevano, e nelle quali era stato educato. Fra queste opinioni v'era quella che le professioni, cioè le arti, si dovessero perpetuare nella famiglia, passando di padre in figlio: nè s'era ancora sviluppata nel popolo, o non s'era molto diffusa la melanconia di avere in casa il figlio dottore, sebbene non lo fosse stato prima il padre. Questa opinione faceva tollerare tutto al più, che in qualche famiglia artigiana delle più agiate, si contasse tra i figli delle medesime un prete; e guardi il cielo che egli avesse ardito aspirare ad un capitolo, si sarebbe gridato generalmente all'arme contro il delitto di lesa dignità, come mi rammento essere accaduto talvolta in tempo della mia puerizia. Mio padre, adunque, educato in questi principii, era determinato di dare in me un successore nell'arte sua, mi teneva seco, ed era il suo fattorino in tutta l'estensione del termine; e perchè nulla vi mancasse a caratterizzarmi per tale, mi soleva bastonare senza risparmio tutte le volte che egli credeva che l'occorrenza lo richiedesse, e per quanto non sempre in quest'articolo si combinassero le nostre opinioni, nondimeno la sua era sempre quella che prevaleva.
| |
|