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      Nel cuore del giovinetto rinacque il coraggio e la fiducia nell'avvenire; l'onesta coscienza di sè e delle sue forze avvalorò la sua languente speranza, e il fermo proposito di vincere col lavoro la mala fortuna sorse nell'animo del povero stucchinaio.
      Le condizioni del contratto vennero fedelmente osservate da ambe le parti con reciproca soddisfazione, chè anzi il Picchi, vedendo il discepolo suo far rapidi progressi nell'arte, e dall'opera di lui cavando assai vistoso profitto, e di gran lunga maggiore di quanto si aspettava, aumentò più tardi, e volontariamente, il di lui onorario fino a quattro lire per giorno.
      Durante il lasso di tempo passato al servizio del Picchi, il Marchi s'imbattè a far conoscenza d'uno scultore figurista italiano assai distinto e rinomato allora in Parigi, Domenico Fontana, che aveva il proprio studio rue Jacob, num. 11, e Marchi che aveva già aperto il cuore all'amore del bello, ne aveva potuto apprezzare il valore ed il merito. Indistinte, vaghe, confuse, cominciarono a farsi strada nell'animo del Marchi le aspirazioni a vita più larga, più artistica, più avventurata.
      Appena il tempo che lo legava al Picchi spirò, si recò presso il Fontana, e lo pregò di volerlo accettare nel suo studio, offrendosi a servirlo per meno ancora di quanto guadagnava presso l'antico maestro, dacchè preferiva, a suo dire, un più magro compenso pecuniario purchè potesse arricchire la mente di più largo corredo di studi e di cognizioni artistiche. Il Fontana accolse nel suo studio il giovinetto per un anno, e gli assegnò di stipendio una lira e mezza soltanto al giorno.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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