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      Il fratello prete voleva fare del piccolo Carlo un medico o un avvocato, e lo avviò quindi, nelle pubbliche scuole, agli studi del latino: egli non si sentiva molto tenero nè di questi studi nè dell'avvenire cui menavano.
      Non voleva essere nè avvocato nè medico: vagheggiava piuttosto il commercio. Ma a quei tempi i calcoli sul futuro peccavano sempre per la base. Tutti i giovani, a un momento dato, erano tratti, quasi irresistibilmente alle armi, e lo Zucchi non sfuggì alla potente attrazione.
      In età di 19 anni egli partì per la guerra, iniziando quella carriera che non doveva più abbandonare per tutto il rimanente della lunga e fortunosa sua vita.
      Carlo Zucchi era nato apposta per la vita militare. Fino dai suoi primi anni sentiva dentro di sè, direi quasi, la religione della disciplina, e un coraggio innato, un'operosità instancabile, un sangue freddo meraviglioso lo accompagnavano sempre in mezzo ai più grandi pericoli. Disciplina e lavoro egli tenne come guida e regola della sua vita, e ciò spiega il progredire rapidissimo della sua fortuna militare.
      Non mancavano certo, allora, le occasioni di mettere in atto tanto il coraggio nel repentino pericolo, quanto la disciplina. Quest'ultima virtù specialmente era sovente messa a terribili prove. I soldati francesi erano prodi nelle battaglie, sereni nei disagi, piacevoli sempre ed arguti; ma in sommo grado spavaldi e disprezzatori degli Italiani.
      Certo i nostri soldati, prodi in guerra e costumati in pace, non meritavano quello sprezzo superbo; eppure esso durava nelle file dell'esercito, e certi ufficiali italiani ci s'eran non solo acconciati, ma, spingendo oltre ogni limite la loro condiscendenza, quasi davan ragione ai francesi, e s'accompagnavano con loro, e s'eran ridotti a non parlare più che la loro lingua.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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