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      Pochi, ben pochi, rimasero fedeli al grand'uomo caduto.
      Fra questi fu lo Zucchi, che aveva, come alle precedenti, preso parte a quell'ultima terribile guerra. Egli aveva veduto con gioia nascere il regno d'Italia, e aveva fede nelle parole di Napoleone, il quale diceva aver fatto quanto era possibile fare per l'unificazione della penisola, e non credeva possibile un passo di più in quel tempo, scorgendo così poco ancora gli Italiani consapevoli della loro nazionalità, e tante e così profonde le divisioni in tutto ed in tutti. Il nostro Zucchi godeva della fiducia e dell'affetto del principe Eugenio, e fu adoperato spesso in missioni delicatissime e difficili.
      Le cose d'Italia volsero al peggio, e l'Austria, rioccupando gran parte della penisola, promise di governare con giustizia e di rispettare le posizioni acquistate, mostrandosi anzi desiderosa che gli uomini segnalati del precedente governo rimanessero in posto.
      Carlo Zucchi ebbe il torto di darle fede e rimase. Ebbe grado di tenente generale dell'esercito, e qualche comando in provincie remote alla periferia dell'impero; dappertutto non dubbie prove di diffidenza, e non raramente oltraggi al suo amor proprio, onde in breve tempo chiaramente sentì di non poterla durare a quel modo, e chiese il suo ritiro, che gli fu concesso.
      Si ritrasse nella nativa Reggio, ove aveva ancora viva la madre e la moglie affettuosissima; ma le condizioni dell'Italia non eran tali allora da dare ad un galantuomo come lui, balìa di vivere tranquillo e lontano dagli uomini e dal mondo.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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