Partì, ma per Modena, dove era scoppiata la rivoluzione, quella rivoluzione che chiamiamo oggi del 1831.
Quella rivoluzione era stata ordita con generosi sacrifizi e sforzi nobilissimi. Non pochi patrioti lavoravano nell'esilio ad ordinare le fila di un tentativo che speravano efficace: non pochi in paese rischiavano la vita tenendosi in rapporto, e procedendo d'accordo con essi: le popolazioni parevano favorevolmente disposte e preparate.
Ma scoppiato il movimento cominciarono i dispareri, le inesattezze, le piccole e le grandi discordie, le ambizioni turbolente, le paure e le speranze esagerate, le spavalderie stupide e le codarde diserzioni, e l'opera di lunga mano preparata minacciò di ruinare in un istante.
Zucchi invece, che aveva benissimo preveduto, colla guida dell'esperienza e della ragione, quali sorti fossero riserbate a que' moti inconsulti, cercò con ogni sforzo, colle parole e colle opere, di porre argine a quel torrente di distruzione... ma invano.
Da Modena a Bologna, da Bologna ad Ancona, vide dileguarsi come nebbia al sole il suo bel sogno, e si svegliò incatenato mani e piedi nelle carceri dell'Austria, a Gratz, ove giaceva in una spaventosa segreta, senza nemmeno il misero conforto della solitudine, dacchè era guardato a vista da due sentinelle che si davano la muta ogni due ore presso di lui. Più tardi fu portato a Munkotz in una sorta di tana, dove il difetto d'aria respirabile, di luce, di cibo, mise a così mal punto la sua salute, che finalmente fu traslocato a Josephstadt, in una stanza meglio arieggiata, e col permesso preziosissimo di avere con sè la sua consorte.
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