Più tardi, osservando egli come nei Conservatorii per solito si trascuri la parte musicale veramente scientifica, e vanamente si insista troppo su quella parte ideale che mal si può insegnare, di che vengono gli imitatori non prima nati che morti, si tenne a ventura di non essere stato in Conservatorio.
Il Rolla, capo orchestra al teatro della Scala, gli diede allora il consiglio di studiar privatamente, e di prendere a maestro il Lavigna; e così fece. Tre anni della sua vita dedicò sì tenacemente al lavoro, come certo pochi uomini al mondo hanno fatto. Tutto il giorno quant'era lungo, senza riposo, era lì inchiodato allo studio del contrappunto: la sera leggeva i nostri classici e la Bibbia: viveva in una cameruccia, spendendo lo strettissimo necessario pel vestire e pel vitto, passeggiava solo, scansando la gente ed i pubblici ritrovi, ed era gala se alle volte aveva tanto in tasca da introdursi alla Scala; in loggione, s'intende.
In capo a quei tre anni morì a Busseto il maestro Provesi. Il Barezzi lo stimolò che tornasse a prenderne il posto, contento in pari tempo di dargli in isposa la propria figliuola, e di poterlo così a maggior diritto chiamare col dolce nome di figlio, come in conto di vero figlio da gran pezzo lo aveva tenuto. Verdi lasciò Milano, ritornò a Busseto, sposò la figliuola del Barezzi, e si mise a far l'organista della Collegiata.
Ma insieme col suonar l'organo avea obbligo d'insegnare la musica ai fanciulli del paese, ottima cosa invero, e, sia detto di passata, men rara una volta in Italia che non oggi.
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