Tutto ciò è intieramente falso.
Il Verdi, appartatosi da tutti, rimase però in Milano in una camera mobiliata, d'onde non usciva che di rado la sera, ma non studiò punto, non tastò il pianoforte, non fece nulla di ciò che aveva fatto prima: fece anzi una cosa che non aveva fatta mai.
Da mane a sera si buttò a leggere pessimi libri, e per lo più romanzacci, di cui anche allora si stampava gran copia in Milano. Era una gran dose d'oppio che egli dava alla sua povera mente malata.
Non fece altro dall'ottobre 1840 al gennaio 1841. Una sera di quel mese e di quell'anno, mentre cadeva a falde la neve, uscendo dalla galleria De Cristoforis s'imbattè nel Merelli, che presolo a braccetto e rimorchiandolo verso la Scala, gli parlò di un grave impiccio in cui si trovava, ricusandosi il maestro Nicolai, che aveva a scrivere un'opera per lui, di accettare un libretto scritto dal Solera e intitolato il Nabucco.
- Ma io (riprese il Verdi) vi posso toglier subito di briga. Oh non vi rammentate che m'avete lasciato un libretto del Rossi, Il Proscritto? Date questo al Nicolai in cambio del Nabucco.
Il Merelli rese grazie al Verdi dell'offerta, e lo pregò d'accompagnarlo fino al teatro, per vedere se veramente si trovasse là il manoscritto del Proscritto.
Il libretto fu rinvenuto, ed il Merelli fece scivolare in una tasca dell'ampio soprabito del Verdi il manoscritto del Nabucco, dicendogli
- Dagli un'occhiata.
Giunto tardi a casa, ed acceso il lume, il Verdi aperse così alla sbadata quei fogli, e caddegli l'occhio sul coro del terzo atto degli Ebrei in ischiavitù
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