«Va', pensiero, sull'ali dorate».
Egli vi sentì subito il biblico Super flumina Babylonis, gittò là il manoscritto, si mise a letto, ma non dormì tutta notte pensando e ripensando a quel coro.
La mattina dopo lesse tutto il dramma, e sollevandosi colla mente oltre i versi e il libretto, vide, egli appassionato lettore della Bibbia, tutto ciò che era di grandioso in quel concetto. Non ostante riportò lo stesso giorno il manoscritto al Merelli.
Non sapeva come fare a rimettersi un'altra volta alla composizione musicale. Faceva forza a sè stesso, come si fa forza un innamorato per tenere il broncio alla dama.
- Ebbene? - gli chiese il Merelli.
- Musicabilissimo (rispose), stupendo argomento.
- Dunque piglialo, e pensaci tu.
Il Verdi si peritava e non voleva, ma il buon impresario si levò di slancio, gli ricacciò a forza in tasca il manoscritto, gli pose le mani alle spalle e spingendolo fuori con gentil violenza, richiuse l'uscio.
Il giovane maestro andò a casa col suo dramma, ma lo gittò in un canto senza più guardarlo, e per altri cinque mesi tirò dritto nella lettura dei suoi romanzacci.
Un bel giorno poi, sul finire di maggio, quel benedetto dramma gli ritornò fra mano: rilesse un'ultima scena, della morte di Abigaille (la qual scena fu poi tolta), s'accostò macchinalmente al pianoforte, quel pianoforte che si stava muto da tanto tempo, e musicò quella scena.
Il ghiaccio era rotto.
Come chi uscito da buio carcere afoso torna a respirare l'aria pura dei campi, il Verdi si trovò di bel nuovo nella sua diletta atmosfera.
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