Alla vista di quei vestiti bianchi e di quei biondi capelli, pensieri d'ira e d'odio ci s'aggiravano per la mente. Ma racconta egli:
«In quella che s'appresta il sacerdoteA consacrar la mistica vivanda,
Di subita dolcezza mi percuoteSu, di verso l'altare, un suon di banda.
Dalle trombe di guerra uscian le noteCome di voce che si raccomanda,
D'una gente che gema in duri stentiE de' perduti beni si rammenti.
Era un coro del Verdi, il coro a Dio
Là de' Lombardi miseri assetati;
Quello, O Signore, dal tetto natio,
Che tanti petti ha scossi e inebriati».
Il poeta si sentì subito tutt'altro che quello che era un momento prima, e senza avvedersene, entrò, come fra sua gente, in mezzo ai soldati. Giusto in quel punto dalle bocche loro, prosegue egli a dire
«Un cantico tedesco lento lentoPer l'aer sacro a Dio mosse le penne:
Era preghiera, e mi pare a lamento,
D'un suono grave, flebile, solenne
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Il Giusti si sentì trasportato a più serena atmosfera, e l'arcana potenza della musica vinse così tutte le posse dell'anima sua, che la mente del poeta confuse l'inno italiano col cantico tedesco, e nel cuore gli entrarono affetti dolcissimi che rispondevano al dolce suono che si diffondeva sotto le volte del tempio:
«Sentia nell'inno la dolcezza amaraDi canti uditi da fanciullo; il core
Che da voce domestica gl'impara,
Ce li ripete ai giorni del dolore:
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Verdi Dio Lombardi O Signore Dio Giusti
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