Era il pomeriggio del venerdì 20 luglio 1867: il Barezzi, agonizzante, non parlava, non conosceva, non sentiva più nulla; appena col lento anelare del petto dava segno di vita. Il Verdi andò nella camera attigua, e col capo fra le mani ripensò spasimando a tutto il bene che gli aveva fatto quel morente: levati poi gli occhi, si vide davanti aperto il pianoforte, il memore pianoforte su cui aveva sonato le prime sue note. Spinto da un sentimento indefinibile, scattò in piedi, mise le mani sui tasti, e quelle stanze silenziose dove aleggiava la morte, risuonarono a un tratto del canto degli Ebrei piangenti in ischiavitù la patria perduta.
Il morente si scosse, aperse gli occhi, atteggiò il volto ad un sorriso, e tentò di levare le mani come a benedire sussurrando:
- Oh mio Verdi! mio Verdi!
Quelle furono le sue ultime parole. Verdi si precipitò ai piedi di quel letto con disperato pianto, e il giorno appresso alle dieci della sera sentì fra le sue mani la mano del benefattore fredda di morte.
A Busseto hanno edificato un teatro, il Teatro Verdi, col busto del maestro; ed all'apertura che se ne fece in questi giorni passati (agosto 1868) fu suonata una sinfonia composta da lui nel 1828, quand'aveva poco più di tredici anni.
A Busseto egli passa una parte dell'anno alternando i suoi lavori e le sue letture con occupazioni agricole, di cui molto si diletta: passa a Genova il resto del tempo.
Ama immensamente lo spettacolo del mare, come quello di tutte le bellezze della natura! ma quando vuol comporre, si trova meglio in una stanza appartata: lavora con pari alacrità tutte le ore del giorno, ma i giorni piovosi e torbidi si sente svogliato per modo, che e' pensa che non gli verrebbe fatto nulla di buono, se dovesse a lungo dimorare in Inghilterra od in Francia.
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