«Irato ai patrii numi errava mutoOve Arno è più deserto, i campi e il cielo
Desioso mirando, e poi che nulloVivente aspetto gli molcea la cura,
Qui posava l'austero, e avea sul voltoIl pallor della morte e la speranza».
Forse allora scende nell'anima del Verdi indistinta e confusa un'eco lontana delle grandi armonie dell'universo, ed egli si duole di non poter raccogliere e tradurre pur una delle eterne note.
Oh quanto gli affanni dei grandi valgono meglio delle gioie volgari!
CAPITOLO DECIMO.
VENEZIA
I morti d'Inghilterra - Inglesi moderni e Veneziani antichi - Giuseppe Antonelli - Lorenzo Radi e Antonio Salviati - Pini-Bey.
La signora Felicia Hemans ha fatto una poesia intitolata I Morti d'Inghilterra, nella quale con giusto orgoglio nota come in ogni parte del mondo vadano a morire i figli gagliardi di quella nazione, che anche fra le più romite e barbare genti lavora a diffondere la civiltà. Questa poesia fu tradotta in splendidi versi dal nostro ottimo professore Zanella. Essa corrisponde appunto ad un fatto che io voglio qui notare, onde domando al lettore il permesso di riferirgliela per intero, certo che me ne sarà grato.
Eccola:
I MORTI D'INGHILTERRASignori dell'Oceano,
Ove dormono i vostri incliti morti?
Ov'è la tomba olimpicaChe la gloria poneva a' vostri forti?
Stranier, gli abissi naviga;
Spandi le vele tutte quante a' ventiForesta o mar non mormora,
Che non ricovri d'Albïon gli spenti.
Allato alle piramidi,
Là di Sïene sull'adusta landaAtroce il sol rifolgora,
E l'immobile palma ombre non manda;
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