Campavano e morivano là, portando sempre nel cuore la terra nativa, la loro città per singolare bellezza unica al mondo, che sorge come naiade sorridente dal seno delle acque.
Da poca e libera gente temprata alla sventura era sorta quella città, levata in tanta grandezza che non v'era angolo del mondo conosciuto dove non suonasse il suo nome, ed era salita in tanta potenza che le più grandi nazioni dovevano tuttavia trattar con essa da paro a paro, e tener conto delle sue deliberazioni e delle sue proposte. Si diceva allora con piglio ironico, quello che oggi pure con piglio ironico si dice degli Inglesi, ed anche degli Americani del Nord: Sono un popolo di mercanti. Ma come oggi cogli Inglesi e cogli Americani, con quei mercanti le nazioni più opulente ed orgogliose dovevano venire a patti.
Come oggi, le nazioni più orgogliose ed opulente cercarono di distruggere allora quel popolo di mercanti, adoperando anche i mezzi che nel linguaggio volgare si chiamano insidie, frodi, tradimenti, infamie, ma che vanno in giro col vocabolo convenzionale ricevuto di espedienti politici. Gl'inviati che di Spagna, o di Olanda o di Persia, o di Turchia, o d'Egitto venivano a Venezia, erano accolti in un palazzo quale nessun Re ebbe ed avrà forse mai al mondo. Dico nessun Re avrà forse mai al mondo, perchè può darsi che venga ancora un sovrano tanto potente da disfar troni e sterminare popoli, rimpastar nazioni, prosciugar laghi, mutar fiumi, respingere il mare, spianare le montagne: ma nessuna forza di Re o di popolo vale a produrre un Tiziano ed un Tintoretto.
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