Il garbo del giovinetto, il suo piglio deliberato e schietto, la grazia delle sue parole, gli agevolavano questo commercio, e spesso i signori che compravano, lo trattenevano in discorsi, e si compiacevano delle sue pronte, argute, assennate risposte. Egli intanto leggendo la sera, e considerando la poca operosità dei librai di Venezia e l'avidità di letture che scorgeva nei suoi compratori, veniva dicendo a sè stesso che ove non gli fosse mancato assolutamente ogni mezzo, moltissimo certamente avrebbe potuto fare in quella via. Qualche volta scappò fuori a dire ad alta voce in presenza di parecchi
- Se io potessi disporre d'un migliaio di lire, ho il fermo convincimento che riuscirei a fare qualche cosa di utile.
Egli diceva quelle parole come rispondendo ad un suo interno, assiduo, incalzante pensiero, ma non colla speranza che potessero procurargli il compimento del desiderio suo. Era poco più che fanciullo; ma aveva il giudizio retto, ed era stato ammaestrato da quella grande maestra che si chiama sventura: la maestra che fa i migliori scolari. Sapeva bene che un povero giovanetto della sua fatta, un operaio che rivendeva libri alla sera, il quale fosse andato a domandare ad un ricco un migliaio di lire per imprendere pubblicazioni letterarie, avrebbe corso il rischio di essere preso per mentecatto, se non peggio. Ma quello che non comprende un uomo, comprende sovente una donna.
Una signora che aveva conosciuto e istintivamente giudicato quanto veramente valeva quel giovanetto, gli venne tanto generosamente quanto inaspettatamente in aiuto colle sospirate mille lire.
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Venezia
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