Invero questo è il suo pregio più caratteristico, e fa meraviglia come una così rara fermezza e una forza d'animo così poco comune si manifestassero in lui fin da fanciullo.
Chiamato dalla famiglia in Egitto nel 1820, era tale l'amore che egli aveva preso agli studii, e segnatamente a quelli delle matematiche, che volle proseguire in questi studii fin dove in quel paese riuscisse possibile.
Erano allora in Egitto parecchi Italiani che fondarono le prime scuole (cosa di cui oggi si dà merito ai Francesi), e fra questi un don Carlo Bellotti, matematico valente, che fu al Pini amorevole e dotto maestro. Frattanto egli faceva le sue prime operazioni di commercio nella casa paterna. Dal 1827 al 1833 egli fu poi direttore della casa stessa, e quindi in proprio nome continuò il commercio per una ventina d'anni, con varia fortuna, distinguendosi per ardimento ed ampiezza di concetti, prontezza ed operosità, osservanza della parola data, abborrimento dai sotterfugi e dagli ambigui spedienti; amato quindi, e stimato dai buoni, od odiato ed abborrito dai tristi, secondo il vario avvicendarsi degli eventi. Fu anche per un breve tratto di tempo viceconsole di Napoli prima del 1848.
Il quale anno, apportatore di nuove fortune alla patria, fu per lui pure fecondo di nuove cose.
I negozianti veneti che avevano interessi in Egitto, nel nuovo assetto politico dato al loro paese natale, domandarono al presidente Daniele Manin che Francesco Pini fosse nominato rappresentante di Venezia in quel paese, e la domanda fu secondata.
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