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      Pini-Bey ha avuto dal Sovrano dell'Egitto distinzioni e cariche quali un europeo e cristiano non ebbe mai in Oriente. Ciò non è tanto effetto d'una simpatia personale del principe per l'uomo di Stato, quanto di condizioni speciali d'animo, di giudizio, di sentimenti dell'uno e dell'altro.
      Una delle piaghe più gravi dell'Egitto è la cattiva amministrazione: un altro paese amministrato al modo in cui fu l'Egitto, sarebbe a quest'ora in una spaventosissima miseria: se l'Egitto è florido, ciò dipende da che la ricchezza della sua terra è tanta, che nulla la può distruggere: ma tuttociò è relativo, e nessuno può dire fino a qual sommo grado di prosperità possa arrivare quel paese amministrato bene. Un'altra piaga dell'Egitto è l'ingerenza soverchia, l'ascendente, la pressione degli Europei sul governo locale. Per varie ragioni, alcune buone ed altre mediocri, Mohamed-Alì aveva fatto agli Europei una grandissima parte, e sovratutto ai Francesi, individui e governo. I suoi successori, per molti versi o facendo meno o facendo più, fecero peggio. Quindi il flagello prima delle influenze, delle commissioni, delle largizioni, poi dei processi e delle persecuzioni, non sempre conservando i consoli quella indipendenza, quella energia, quella imparzialità, che avrebbero dovuto conservare.
      Ismahil-pascià fin dal giorno in cui salì al trono conobbe questi mali, e si propose di porvi rimedio: volgendo gli occhi intorno a sè, vide che nessuno avrebbe potuto meglio intendere i suoi piani e meglio secondarli di Pini-Bey: la sua pratica degli uomini e delle cose, la sua profonda conoscenza delle leggi mussulmane e di Europa, la sua integrità inflessibile, la sua energia a tutta prova, lo assicuravano di un felice risultato.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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