Milano!... la grande città dove un semplice scalpellino poteva frequentare le scuole di disegno, dove un oscuro manovale imparava a sbozzare sulla pietra le linee purissime degli ornati che suo fratello scolpiva da tanti anni!... Le scuole, l'arte, il disegno cominciarono a ballargli nella testa una ridda vertiginosa, e dalla cima della montagna natìa, gli occhi fissi sul sereno orizzonte, cercava lontan lontano le guglie della superba cattedrale milanese.
Volle fortuna che i suoi voti fossero in breve appagati, e date le spalle a Bisazio, fu allogato a Milano in bottega di certo Franzi, marmista, che lavorava tutto l'anno per l'Opera del Duomo.
Vincenzo potè finalmente contemplare da vicino quel miracolo di architettura, quella profusione d'ornati, quel popolo di statue che parlavano alla sua mente il muto linguaggio dell'arte e svegliavano nel suo cuore tutti i sentimenti di emulazione, di fama e di gloria.
La bottega del Franzi era proprio dietro il Duomo, e il giovinetto non levava mai gli occhi dal meraviglioso edifizio se non quando il pensiero della sua miseria lo ritornava da artista artigiano.
E quando fu più innanzi nel suo mestiere ebbe parte, per conto del principale, nei lavori del Duomo, e spesso attaccato ad una corda e sospeso per aria, con in mano lo scalpello e il martello, dovè aggiustare, riparare o rimettere qualche pezzo di marmo, qualche angolo spezzato, qualche cornicione guasto e minacciante ruina.
Intanto il fratello Lorenzo intese o indovinò nel giovinetto il genio nascosto e sonnacchioso fra le tenebre del mestiere, e gli porse in aiuto la mano, togliendolo dalla bottega del Franzi, e collocandolo nello studio dello scultore Benedetto Cacciatori, professore ed artista di gran fama a quei tempi.
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