Ormai la fama del Vela aveva valicate le Alpi e aleggiava lontano oltre il mare.
Non è compito nostro seguirlo nei suoi trionfi. Questo libro non registra nella vita degl'illustri uomini contemporanei che il periodo penoso in cui l'ingegno loro ebbe a lottare contro gli ostacoli, in cui fu necessario soffrire e combattere, soccombere e rialzarsi, ed in cui vincere e riuscire non fu caso o ventura, ma fu effetto di lavoro, di buon volere, di fede e di costanza.
Il Vela, onorato e acclamato da privati e da principi, ha empito del suo nome l'Italia, e molte straniere città hanno pagato alle sue statue, lodatissime, largo e sincero tributo di ammirazione.
Milano, Stresa, Torino, Lisbona, Parigi, Genova, Bologna, Padova si onorano di possedere le opere dovute al magico scalpello dell'antico campagnuolo ticinese.
La folla cosmopolita che si accalcava nel gran palazzo della Esposizione di Parigi nel 1867 rimase silenziosa e come stupita innanzi alla grande statua del Vela Gli ultimi istanti di Napoleone a Sant'Elena, e l'indistinto mormorio di quelle voci commosse, consacrò all'Italia la palma della scultura, in quella pubblica mostra ove tutti gli artisti del mondo avevano fatto l'estremo sforzo per vincere.
Vincenzo Vela, toccato il più alto gradino dell'arte, sentì stanchezza e sazietà d'onori, d'applausi e di gloria.
Soffocato tra la folla plaudente, desiderò le solitudini delle alpine montagne, l'aer libero e sereno delle patrie pendici, lo spinse in cuore vaghezza di tornare al villaggio ove dormivano sotterra i suoi cari, ed ove egli aveva mosso i primi passi della vita.
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