Appena diciottenne, già molto innanzi nell'arte sua, e autore di lodate opere, lasciò l'Accademia di Milano, dopo aver riportato vari premi, e specialmente quello del grande Concorso d'Architettura del 1827, e vago di visitare nuovi paesi e di ispirarsi ai più famosi modelli dell'arte italiana si diede a visitare le principali città d'Italia, e si fermò a Roma, ove restò fino al 1832, procacciandosi col proprio lavoro, quei mezzi di sussistenza che molti altri ritraggono dalle pensioni de' loro governi e da generosi mecenati, aiuti che il più delle volte falliscono allo scopo.
Ritornato in patria per pochissimo tempo, mosse desioso alla volta di Pietroburgo, in cerca di fortuna, compiendo così un voto del proprio avo, accennato in una sua opera pubblicata. Quivi trovato benevolo e simpatico accoglimento da quei signori, e fra gli altri dal patrizio milanese conte Giulio Litta, malgrado la eccessiva sua giovinezza, e l'essere estraneo al paese, alla lingua ed agli usi, ebbe la sorte di riuscire ad essere ammesso a vari impieghi governativi presso la Corte imperiale, facendosi conoscere ed apprezzare nel tempo stesso per opere e progetti eseguiti per alcune opulente e primarie famiglie.
Nel 1836 lasciò la Russia per recarsi d'ordine di quel Governo a Costantinopoli, ove costruì il palazzo di quell'ambasceria a Pera; volgendo in mente il progetto di un analogo edifizio nella capitale persiana e iniziandone alacremente gli studi che furono in seguito abbandonati dal governo russo per motivi politici.
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