Lasciamo in disparte il Leopardi, che in ogni sua parola faceva echeggiare la nota del dolore, e, moderno Giobbe, ha veduto e dipinto un solo lato delle cose umane.
Ma il conte Alfieri era uomo militante, che colla mente precedeva di gran tratto i suoi tempi! Il suo superbo disprezzo pel commercio prova dunque quali fossero i tempi, e che cosa sieno i pregiudizi della nascita anche nelle anime più grandi.
Il poeta dice di sè stesso non ancora ventenne:
«Calda vaghezza che non dà mai pace,
Mi spinge in volta; e in Genova da primaI passi avidi miei portar mi face.
Ma il banco, e il cambio, e sordidezza opima,
E vigliacca ferocia, e amaro gergo,
Sovra ogni gergo che l'Italia opprima,
E ignoranza, e mill'altre ch'io non vergoNote anco ai ciechi liguresche doti,
Tosto a un tal Giano mi fan dare il tergo».
Giovanni Prati invece vagheggiò Genova con animo di poeta e ne cantò con soavi versi le delizie:
«Nel mio pensiero, come una stella,
Tu ognor spuntavi, Genova bella,
Coi tuoi palagi dove tra gli oriBrillano eterni marmi e colori,
Colle tue cento colline care,
Coi tuoi navigli, col tuo gran mare!».
ammirò gli stupendi palagi, i giardini fragranti, la bella corona di monti, l'aperto mare:
«Del flutto azzurro nell'ampio veloDalla sua curve cadeva il cielo
Sereno e grande. Col cielo e il fluttoIn te mi parve sorrider tutto.
Le mobili isole nel mar createErano incanto di occulte fate».
Il suo pensiero si riportò al passato
«E vidi altero sui flutti illesiBattere il remo dei Genovesi,
Del lor vessillo sotto l'impero
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