Il Canevaro concepì il progetto di fondare là una colonia; egli vi voleva portare centocinquanta famiglie di emigranti genovesi: aveva pienamente divisato il modo, designati i vari lavori, fatto uno statuto per quel piccolo governo di cui sarebbe stato il capo.
Ne scrisse al Cavour che ammirò l'idea, ma gli rispose che il governo sardo non era ancora abbastanza forte per dargli quella protezione efficace di cui avesse potuto avere bisogno.
Ne parlò coi governanti della repubblica dell'Equatore a Guayaquil, e li trovò disposti; ma uno dei soliti frequentissimi rivolgimenti mutò quei governanti.
Allora il Canevaro si decise a fare un viaggio in Italia.
Suo padre era morto nel 1834 colla consolazione di sapere ricco e stimato il lontano figliuolo. La madre viveva, come anche oggi vive una lieta vecchiaia, mirabile per vigore fisico, memoria e conservazione delle facoltà intellettuali.
Venne il Canevaro in Italia, e fu ricevuto dal re Vittorio Emanuele.
- Quali motivi (gli domandò il re) vi hanno indotto a ritornare in patria dopo tanto tempo?
- I motivi (rispose egli), Maestà, sono quattro.
Io voleva riabbracciare la mia vecchia madre.
Io voleva adempiere al voto fatto di sentire una messa a Superga inginocchiato alla tomba di vostro padre, il grande iniziatore delle nostre libertà.
Io voleva ringraziare Voi, o Maestà, delle dimostrazioni di benevolenza e di stima che mi avete dato.
E finalmente vi voleva dire che se novamente romperete guerra all'Austria, io vi prego di darmi un posto fra i vostri combattenti.
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