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      Spesso leggeva, e nella lettura s'internava tanto che il padre doveva talvolta cercarlo lontano da casa, e lo trovava poi seduto sul ciglione della collina o sulla rena della spiaggia tutto intento a sfogliare le pagine di un libro che affascinava quell'anima semplice ed aperta a tutte le seduzioni dell'arte e della poesia.
      Il bisogno batteva spesso alle porte della casa paterna, e Giuseppe avea valide braccia, che dovevano aiutare e aiutavano il padre nel quotidiano durissimo lavoro.
      Montò fragili barche destinate alla pesca, addestrò il corpo alle fatiche e ai disagi su poveri navigli che s'avventuravano ai perigliosi viaggi di cabotaggio sulle coste delle riviere genovesi; la fame lo tormentò non di rado, e troppo spesso la morte gli apparve vicina e mise a duro cimento il suo giovanile coraggio.
      Nei pochi istanti in cui gli era concesso riposo, scorreva le pagine dell'Ariosto con indicibile voluttà, e le cose lette tanto fortemente riteneva a memoria che anch'oggi declama assai felicemente qualche brano non breve del suo poeta favorito.
      Accessibile ad ogni onesto e generoso sentimento, l'anima sua si commuoveva all'altrui sventura, e spesso, a rischio della vita, fu largo di soccorso a' pericoli altrui. A quattordici anni, nel più forte infuriare della tempesta, si gettò in mare risoluto, per raggiungere a nuoto una barca in cui stavano per perdersi due suoi compagni.
      Più tardi, sciolti per la morte della madre i legami della famiglia, e lanciato solo nel mondo fra le tempeste della vita, errò lungamente sul mare, mostrando nei momenti più terribili de' suoi fortunosi viaggi quella calma ammirabile, quel sangue freddo imperturbato, quella serenità di giudizio, e quella sicurezza di colpo d'occhio, che dovevano fare più tardi di lui il più felice ed esperto guerrigliero dei suoi tempi.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





Giuseppe Ariosto