Sin da' primi anni si mostrò costante nel lavoro, e saldo nei virili propositi.
Prescelse la carriera delle armi, nella quale volea raggiungere i più alti gradi.
Le vittorie di Bonaparte, ed i principii di libertà e di nazionalità da lui predicati, avevano in quel tempo accese in Italia le giovani menti, le quali sperarono che di oltr'Alpi sarebbe venuta la salvezza della nostra patria.
Il giovane Castelli accarezzò anch'egli questa speranza, e s'arruolò nell'esercito francese: ma, gravemente ferito, ritornò in Torino, dove poi continuò gl'interrotti studi, che compì nel 1813. Poi valicò di nuovo le Alpi, e riprese servizio nell'esercito di Francia, del quale fece parte fino alla caduta dell'Impero.
Quando gli fu comunicato il congedo, l'animo suo fu preso da una profonda tristezza: vedeva spente le sue più belle speranze pel risorgimento d'Italia, dove si restauravano gli antichi principati, ed il dominio del clero risorgeva gigante. Onde per fuggire da così triste spettacolo divisò di andare in America, dove le colonie spagnuole combattevano la guerra d'indipendenza, e dove egli scorgeva un vasto campo al suo nobile amore per la carriera militare.
Nel novembre del 1816 giunse in Puerto Principe de Haiti, dove conobbe Simone Bolivar, il Washington dell'America del Sud, e fu ammesso nell'esercito d'insurrezione.
Poco tempo dopo fu nominato capitano nel battaglione Granatieri in Angostura, e due anni dopo fu elevato al grado di tenente colonnello.
Nel 1822 organizzò e disciplinò l'eletto battaglione Occidentale, col quale molto egli oprò sia nel Venezuela, sia nella Nuova Granada, in pro della causa della indipendenza, e ne fu ricompensato con la decorazione dell'Ordine De los Libertadores.
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