Da quella cittą ogni domenica egli poteva fare una gita a Moncalvo facendo otto miglia all'andata ed altrettante al ritorno, per una via tutt'altro che piana, e facendo ancora all'andata quanto al ritorno una salita che non gli pareva punto faticosa sopra un monticello presso al paese, ad un edifizio anticamente convento dei cappuccini, a cogliere da due begli occhi neri vergognosetti una occhiata, che gli doveva poi, come stella nella notte, brillare amorosamente nel pensiero tutta la settimana.
In breve si accorse che in Asti pure non aveva pił nulla da imparare, e gią si sentiva rinascere nell'animo la lotta per il desiderio di un campo pił vasto e lontano e l'amore della famiglia e del luogo nativo, quando un avvenimento importante venne ad aprirgli nuovi orizzonti, ed illuminarlo intorno alla sua vocazione.
Erano stati deliberati lavori importanti per la chiesa di Moncalvo, ed era stato incaricato del progetto e della direzione di essi un architetto vercellese, il Ranza, segnalato per ottimi lavori consimili compiuti nella sua cittą nativa. Si trattava di fare una bussola, ossia vestibolo interno alla chiesa, l'orchestra, ed altri lavori. Il giovanetto Moncalvo comprese che qui avrebbe trovato occasione di esercitarsi in opere pił difficili che non fossero quelle cui aveva lavorato fino a quel giorno, e, separatosi con lacrime dalla buona famiglia del Martinelli, ottenne di partecipare a quei lavori.
Il Ranza aveva portato con sč un ottimo operaio, per nome Facelli, di cui in breve il Moncalvo s'era fatto amicissimo.
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