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      Abbracciò in Asti la famiglia Martinelli che s'adoperò invano a trattenerlo, e il giorno seguente in sul tramonto rivide i campanili di Torino. La città, che la prima volta che vi era venuto gli era parsa una solitudine, questa volta, entrandovi a sera, gli parve un deserto. Ma oramai egli era deliberato a resistere ad ogni costo, onde subito si diede attorno, e si fece ricevere nella rinomata fabbrica di mobili dei signori Chapey ed Azzario, in via dello Spedale, in faccia ad un vago giardino allora di casa Ciriè, ora scomparsa sotto un grande fabbricato, dove appunto si trova l'Agenzia Mondo.
      Si mise all'opera con tutto l'impegno, e colle sue buone maniere si fece ben presto ben volere dai compagni e dai capi: giorno e notte, al lavoro, a tavola, nei sogni, sempre egli aveva nella mente il suo caro paese nativo, sempre parlava di Moncalvo; onde lo incominciarono a chiamare quel di Moncalvo, poi addirittura Moncalvo, e quel nome gli rimase d'allora in poi e con quel nome oggi da tutti è conosciuto, siccome dapprima ho detto.
      Tre mesi dopo, passò a lavorare in una bottega in Via Bellezia presso l'albergo fiorito condotta da certo Giuseppe Viansone, dove prese impegno di far mobili.
      Un giorno entrò in quella bottega il cavaliere d'Angennes, uomo schietto e ben pensante, che molto si dilettava di pittura, ed anche un po' di meccanica: egli aveva portato i disegni di un certo suo mobiletto che voleva far costruire secondo il proprio intendimento, e per quanto s'ingegnasse di farsi comprendere dal Viansone e dagli operai più vecchi, non vi riusciva.


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Volere e potere
di Michele Lessona
pagine 482

   





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