E siccome abbiamo sott'occhio un eloquente discorso di quel valentuomo che è Carlo Boncompagni, il quale conosceva, amava e pregiava molto le qualità dell'animo e del cuore del suo amico e collega Rayneri, così noi da quel discorso togliamo alcuni tratti per arricchire questa biografia. Il Rayneri, che fu uno dei più valenti educatori della gioventù piemontese, aveva educato meravigliosamente sè stesso, prima di educare gli altri. Nato nell'anno 1809 a Carmagnola in umili condizioni di fortuna (era figlio di un contadino), ebbe la fortuna di trovare tra le pareti domestiche un tipo di virtù non frequente ne' poveri abituri, ma forse più raro negli splendidi palazzi de' doviziosi e de' potenti. Gli esempi della famiglia, l'indole buona, e le riflessioni di una mente meditativa lo penetrarono di quell'amore del vero, del buono e del bello, a cui si ispirò sempre, non solo nel filosofare, ma in tutte le consuetudini del vivere. Dedicatosi al ministero sacerdotale per zelo di religione, e per vaghezza di vita quieta e studiosa, si pose in grado di farne il tirocinio, superando la prova del concorso ad una delle pensioni ecclesiastiche assegnate ai giovani chierici più ricchi d'ingegno che di censo. Così potè incominciare e proseguire gli studi di teologia con quella coscienza e con quella diligenza, che portò sempre nell'adempimento di tutti i suoi doveri.
Usciva appena dalla scuola di teologia, e compiva i ventun'anni, quando nel 1831 fu chiamato ad insegnare nella sua terra natale, non solo la filosofia, ma anche gli elementi delle matematiche e della fisica, come portavano le consuetudini scolastiche d'allora.
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