Perdonava sinceramente, semplicemente, senza vanità, senza amarezza, senza commiserazione, rispettando tutti come rispettava sè stesso.
Nessun uomo fu più di lui tollerante, mite, benevolo, affettuoso, buono: il tempo che gli lasciava libero l'insegnamento, lo studio, lo scrivere, consacrava alla beneficenza.
A Chieri, ove erasi ridotto per passar in maggior quiete qualche poco di tempo, morì il dì 4 giugno 1867 di una malattia cerebrale che già da qualche tempo lo travagliava e negli ultimi mesi della sua vita gli aveva infiacchite le forze della mente non quelle del cuore, che furono fino all'ultimo giovanilmente vive.
Agli Artigianelli ed alle Scuole Infantili mirarono l'ultimo suo pensiero, l'ultima sua volontà: onde morì come visse, giovando agli uomini. In quel momento supremo non dimenticò la terra che gli aveva dato i natali. Volle che le appartenesse la sua biblioteca, che scelta con non volgare discernimento di ciò che è buono e bello, fu la sua cosa più preziosa.
Niccolò Tommasèo volle onorare la memoria di un uomo così benemerito degli studi e dell'umanità dettando la seguente epigrafe, che fu scolpita sotto il busto innalzatogli nell'Università di Torino il 5 novembre 1867; e in quel giorno stesso Carlo Boncompagni leggeva il discorso di cui abbiamo fatto parola.
AdANTONIO RAYNERI
che d'umile stato con virtuosa faticasorse tra i primi della patria e i migliori;
insegnò filosofia in Carmagnola ove nacque,
nell'Università di Torino pedagogia;
seppe credere e amare, ammirare e compatire,
| |
Chieri Artigianelli Scuole Infantili Tommasèo Università Torino Carlo Boncompagni Carmagnola Università Torino
|