Infine, se mai vi sono nel Tragico nostro tali difetti, vi stanno coi prossimi alla perfezione, che ogni meccanico verificatore con insensibili mutazioni li conduce a quella Pref. ai detti mem. di Socrate.
Parini lodava Alfieri, e lo avvertiva di riformare lo stile ed il verso, come fece nell'ottimo Sonetto a Lui indirizzato, ove dopo aver encomiato il di Lui tragico ingegno, che sapea trarre dal vero e dal grande accesi lampi, e pieni d'inusato ardire avvampare e scuotere le anime, così prosiegue:
Perchè dell'estro ai generosi passiFan ceppo i carmi? E dove il pensier tuona
Non risponde la voce amica, e franca?
Osa, contendi, e di tua man vedrassiCinger l'Italia omai quella corona
Che al suo crin glorioso unica manca.
(10) Per persuadersi della rabbia e dell'ira, che gonfiava il petto di Giovenale, basta leggere la prima e la sesta Satira. Nella prima Egli declama contro i depravati costumi della sua età con quel calore di indegnazione che meritavano, e che Egli voleva inspirare ne' suoi lettori. Cesarotti lo chiama il Tacito de' Satirici.
Si Natura negat, facit indignatio versumQualemcumque potest...........
Et quando uberior vitiorum copia? Quando
Major avaritiae patuit sinus? Alea quando
Hos animos? Neque enim loculis comitantibus iturAd casum tabulae, positâ sed luditur arcâ.
Nella satira sesta contro le donne così parla ad un amico appellato Postumo, che voleva ammogliarsi.
Certe sanus eras. Uxorem, Posthume, ducis?
Dic qua Tisiphone, quibus exagitare colubris?
Ferre potes dominam. salvis tot restibus ullam?
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