Cum pateant altae, caligantesque fenestrae?
Cum tibi vicinum se praebeat Emilius Pons?
Si legga la bellissima nota di Monti alla satira quinta di Persio ove con somma erudizione e finissimo discernimento enumera e determina i pregi ed i difetti dei tre più grandi antichi Satirici Orazio, Giovenale e Persio. Se, Egli dice, contemplo questi tre ingegni puramente come satirici, la lite di primazia può agitarsi tra Giovenale, ed Orazio. Il mio Persio è troppo modesto per non entrare di competenza, ma ricordiamoci che Egli scriveva colla prima lanugine sulla barba, e i suoi rivali colla canizie. Se muovesi disputa dell'artifizio poetico e dello stile, sarebbe delirio il contendere con Orazio. Ma lo stile di Persio derivato perennemente dall'Oraziano, è più castigato, che quello di Giovenale, oltre una certa tutta sua propria velocità d'espressione, che lo rende unico, e solo tra i classici tutti quanti. Se ponderiamo finalmente il valore delle sentenze, giudico Orazio il più amabile, Giovenale il più splendido, Persio il più saggio. Confuso tra gli infimi nelle lettere, non ligio nè ad un sol libro, nè ad un solo bello esclusivo, estimando tutti gli scritti secondo che mi commuovono, nemico di tutte le parasite eleganze, e rapito di quelle uniche che mi portano qualche cosa nell'anima con pace dell'Einsio, del Casaubono e dello Scaligero, e di tutt'i devoti di un culto solo io mi dono or all'uno, or all'altro de' tre satirici, siccome il cuor mi significa. Quando cerco norma di gusto vado ad Orazio: quando ho bisogno di bile contro le umane ribalderie visito Giovenale; quando mi sforzo d'essere onesto vivo con Persio; e omai provetto qual sono, con infinito piacere, mescolato di vergogna, bevo i dettati della ragione sulle labbra di questo verecondo e santissimo giovinetto.
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