......Cur ego amicumOffendam in nugis? Hae nugae seria ducent
in mala derisum semel, exceptumque sinistrè.
(12) É nota la diversità che avvi fra la ritmica e la metrica Poesia; la prima si cura del numero e non della durata delle sillabe; la seconda della durata e non del numero. Nella prima non si pensa alla lunghezza naturale ed assoluta delle sillabe, si suppongono tutte eguali in durata, o piuttosto suscettibili di un'eguale celerità e d'un'eguale lentezza; tale è la poesia de' selvaggi, quella degli Orientali, quella di tutti i popoli dell'Europa moderna. Nell'altra nessun riguardo al numero delle sillabe, si misurano in luogo di contarle, ed i tempi dati dalla loro durata decidono dello spazio che possono riempiere; tale fu la poesia de' Greci e quella de' Latini imitatori de' Greci.
La rima è di grandissimo vantaggio alla ritmica Poesia, checchè ne dicano coloro che la appellano un puro e goffo meccanismo, un barbaro tintinnio grato solo ai fanciulli, e nato dalla corruzione del gusto ne' bassi tempi. La rima piace essenzialmente all'orecchio, e lo solletica dolcemente colla consonanza delle parole; è di grandissimo ajuto alla memoria, perchè col mezzo delle somiglianti desinenze una parola chiama l'altra, ed i versi facilmente vengono ritenuti col mezzo dell'estremità rimata, a cui si attengono, e lo spirito viene in giocondo modo sorpreso, quando a tutti gli istanti vede la difficoltà vinta con facilità. L'uso della rima, dice benissimo Metastasio, familiarissimo a tutti gli Orientali, è per noi, a dir vero, laborioso e difficile; ma appunto perchè è più difficile e laboriosa l'arte di scolpire in marmo che in cera, è in pregio tanto maggiore.
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