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      Dimorò il Lippi in quelle parti circa sei mesi, e non diciotto, come altri scrisse; ma essendo in quei medesimi tempi seguíta la morte della Principessa, egli ben favorito e ricompensato se ne tornò alla patria: dove non lasciando mai di fare opere bellissime in pittura, seppe dare il suo luogo e 'l suo tempo alla continuazione del suo poema. La prima cagione di questo assunto suo fu quella che ora io sono per dire, per notizia avuta da lui medesimo.
      Aveva il Lippi, fino dalla fanciullezza, avuto in dono dalla natura un'allegra, ma però onesta vivacità e bizzarria, con una singolare agilità di corpo, derivata in lui non solo dal non essere soverchiamente carnoso, ma dall'essersi indefessamente esercitato per molti anni nel ballare, schermire, nelle azioni comiche, ed in ogni altra operazione, propria di uno spirito tutto fuoco, come era il suo; ma non lasciava per questo di quando in quando di esercitare il suo ingegno nella composizione di alcun bel sonetto e canzone in istile piacevole. Coll'avanzarsi in lui l'età, e accrescersi le fatiche del pennello, insieme col pensiero della casa, si andarono anche diminuendo molto il tempo e l'abilità agli esercizi corporali, ma col cessar di questi si andava sempre più augumentando in lui la curiosità de' pensieri, tutti intenti al ritrovamento di un buono e bello stile di vaga poesia. Aveva egli, come si è accennato, non solamente qualche parentela, ma ancora grande amicizia e pratica col nominato Alfonso Parigi, che possedeva una villa in sul poggio di Santo Romolo, sette miglia lontano da Firenze sopra la strada pisana, in luogo detto la Mazzetta, posseduta oggi da Bernardino degli Albizzi, gentiluomo dotato di ottimi talenti e di graziosi costumi: la qual villa è non più di un miglio lontana da quel castello di Malmantile, che oggi per essere in tutto e per tutto vòto di abitatori e di abitazioni, benchè conservi intatte le antiche mura, non ha però di castello altro che il nome.


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Il Malmantile riacquistato
di Lorenzo Lippi (Perlone Zipoli)
Barbera Editore Firenze
1861 pagine 283

   





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