Tornatosene poi alla patria, ed avendo fatto assaporare agli amici il suo bel concetto, gli furono tutti addosso con veementi e vive persuasioni, acciocchè egli dovesse darle fine, non di una breve leggenda come egli si era proposto ma di uno intero e bene ordinato poema.
Uno di coloro, che a ciò fare forte lo strinsero, fu il molto virtuoso Francesco Rovai; a persuasione del quale vi aggiunse la mostra dell'armata di Baldone. Agli ufizi efficacissimi del Rovai si aggiunsero quelli di altri amici, e particolarmente di Antonio Malatesti, autore della Sfinge, e de' bei Sonetti, che poi dopo la sua morte sono stati dati alle stampe, intitolati: Brindis de' Ciclopi. Grandissimi furono ancora gli stimoli, che egli ebbe a ciò fare da Salvator Rosa, non meno rinomato pittore, che ingegnoso poeta. Da questo ebbe il Lippi il libro, intitolato: Lo Cunto de li Cunti, ovvero Trattenemiento de li Piccerille, composto al modo di parlare napolitano, dal quale trasse alcune bellissime novelle: e, messele in rima, ne adornò vagamente il suo poema. Chi queste cose scrisse, il quale ebbe con lui intrinseca dimestichezza, e in casa del quale il Lippi lesse più volte in conversazione d'amici quanto aveva finito, a gran segno l'importunò dello stesso: ed ebbe con lui sopra le materie, che e' destinava di aggiungervi, molti e lunghi ragionamenti; tantochè egli finalmente si risolvè di applicarvisi por davvero. Ciò faceva la sera a veglia con suo grandissimo diletto, solito a dire al nominato scrittore, che in tale occasione bene spesso toccava a lui il fare la parte di chi compone e quella di chi legge; perchè nel sovvenirli i concetti, e nell'adattare al vero i proverbi, non poteva tener le risa.
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