Far di quest'anche qualche corpacciata.
7
Già dalle guerre le provincie stanche,
Non sol più non venivano a battaglia;
Ma fur banditi gli archi e l'armi biancheEd eziam il portare un fil di paglia:
Vedeansi i bravi acculattar le panche,
E sol menar le man sulla tovaglia;
Quando Marte dal ciel fa capolino,
Come il topo dall'orcio al marzolino(19):
8
Chè d'averlo non v'è nè via nè modo,
Se dentr'ad un mar d'olio(20) non si tuffa:
E reputa il padron degno d'un nodo(21),
Che lo lascia indurire e far la muffa,
Così Marte, che vede l'armi a un chiodoTutt'appiccate, malamente sbuffa,
Che metter non vi possa su le zampe,
E che la ruggin v'abbia a far le stampe.
9
Sbircia di qua di là per le cittadiNè altre guerre o gran campion discerne,
Che battaglie di giuoco a carte e a dadi,
E stomachi d'Orlandi(22) alle taverne.
Si volta, e dà un'occhiata ne' contadi,
Che già nutrivan nimicizie eterne;
E non vede i villan far più quistione,
In fuor che colla roba del padrone.
10
Ond'ei, che in testa quell'umor si è fitto,
Che l'uom si crocchi(23) pur giusta sua possa;
Senza picchiar nè altro, giù sconfittoL'uscio a Bellona manda in una scossa.
Niun fïata perciò, non sente un zitto,
Perch'ella dorme, e appunto è in sulla grossa;
Poichè la sera avea la buona donnaCenato fuora e preso un po' di nonna(24).
11
Le scale corre lesto come un gatto:
Poi dal salotto in camera trapassa:
E vede sopra un letto malrifatto,
Ch'ell'è rinvolta in una materassa;
Sta cheto cheto, e con due man di piattoBatte la spada sopr'ad una cassa:
La qual s'aperse, ed ei, vistevi drento
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Marte Marte Orlandi Bellona
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