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      In Arno messe i sopraddetti legni.
     
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      Ov'anco in breve Celidora arrivaCon armi indosso, ed altre da far fette;
      Perchè una volta al fin fattasi viva,
      Ha risoluto far le sue vendette;
      Chè l'usbergo incantato della divaL'ha fatta diventar l'ammazzasette(61):
      Ed alle risse incitala talmente,
      Ch'ella pizzica poi dell'insolente.
     
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      Non così tosto al campo si conduce,
      Come la suora vuol del dio soldato,
      La Marfisa di nuovo posta in luce(62),
      Ch'ell'esce affatto fuor del seminato(63):
      E col brando, che taglia, com'ei cuce(64),
      Da far proprio morire un disperato(65),
      Vuol trucidar ognun, ognun vuol morto:
      E guai a quello che la guarda torto.
     
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      Se guarda, è dispettosa e impertinente:
      E sempre vuol che stia la sua di sopra(66).
      Talor affronta per la via la gente,
      Cercando liti, quasi franchi l'opra(67).
      Ne venga, dice, pur chi vuol nïente;
      Perocchè chi mi dà che far, mi sciopra(68).
      Giunta, in questa, in un campo pien di cavoli,
      N'affettò tanti, che Beati Pavoli. (69)
     
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      Così piena di fumi, e d'umor bravi,
      Che te l'hanno cavata di calende(70),
      Rivolge l'occhio al popol delle navi,
      Là dove Brescia romoreggia(71) e splende:
      E va per infilarne sette ottavi;
      Ma nel pensar dipoi, che, se gli offende,
      Far non potrebbe lor se non mal giuoco,
      Gli vuol lasciar campare un altro poco.
     
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      Alfin, deposto un animo sì fiero,
      In genio cangia appoco appoco l'ira:
      E come un orsacchin che appiè d'un peroA bocca aperta i pomi suoi rimira;
      Ferma, impalata quivi come un cero,
      Fissando in loro il sguardo, sviene e spira:
      Nè può vivere alfin, se non domanda


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Il Malmantile riacquistato
di Lorenzo Lippi (Perlone Zipoli)
Barbera Editore Firenze
1861 pagine 283

   





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