In Arno messe i sopraddetti legni.
27
Ov'anco in breve Celidora arrivaCon armi indosso, ed altre da far fette;
Perchè una volta al fin fattasi viva,
Ha risoluto far le sue vendette;
Chè l'usbergo incantato della divaL'ha fatta diventar l'ammazzasette(61):
Ed alle risse incitala talmente,
Ch'ella pizzica poi dell'insolente.
28
Non così tosto al campo si conduce,
Come la suora vuol del dio soldato,
La Marfisa di nuovo posta in luce(62),
Ch'ell'esce affatto fuor del seminato(63):
E col brando, che taglia, com'ei cuce(64),
Da far proprio morire un disperato(65),
Vuol trucidar ognun, ognun vuol morto:
E guai a quello che la guarda torto.
29
Se guarda, è dispettosa e impertinente:
E sempre vuol che stia la sua di sopra(66).
Talor affronta per la via la gente,
Cercando liti, quasi franchi l'opra(67).
Ne venga, dice, pur chi vuol nïente;
Perocchè chi mi dà che far, mi sciopra(68).
Giunta, in questa, in un campo pien di cavoli,
N'affettò tanti, che Beati Pavoli. (69)
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Così piena di fumi, e d'umor bravi,
Che te l'hanno cavata di calende(70),
Rivolge l'occhio al popol delle navi,
Là dove Brescia romoreggia(71) e splende:
E va per infilarne sette ottavi;
Ma nel pensar dipoi, che, se gli offende,
Far non potrebbe lor se non mal giuoco,
Gli vuol lasciar campare un altro poco.
31
Alfin, deposto un animo sì fiero,
In genio cangia appoco appoco l'ira:
E come un orsacchin che appiè d'un peroA bocca aperta i pomi suoi rimira;
Ferma, impalata quivi come un cero,
Fissando in loro il sguardo, sviene e spira:
Nè può vivere alfin, se non domanda
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