Tenendo gli occhi in molle e il collo a vite,
E le nocca(196) col petto sempre in lite,
10
Io l'ebbi bianca(197) a femmine ed a maschi;
Ond'io, sbraciar(198) volendo a bel diletto,
Mi risolvei levar quel vin da' fiaschi(199),
E non dar più quanto un puntal d'aghetto(200);
Perchè po' poi, diss'io, gli è me' ch'io caschiDalle finestre prima che dal tetto:
E il cavarmi di mano adesso un pelo,
Sarebbe un voler dare un pugno in cielo.
11
Che pagheresti, disse lo stregone,
Se la tua moglie avesse il ventre pregno?
Se ciò fosse, rispose Perïone,
Ancorch'io non ne faccia alcun disegnoE tal voglia appiccata abbia all'arpione,
Io ti vorrei donar mezzo il mio regno.
Soggiunse quei: Non vo' pur una crazia(201),
Ma solamente la tua buona grazia.
12
Altro da te non aspettar ch'io chieda,
Nè che alcuno interesse mi predomini;
Perchè, quantunque abietto altri mi veda,
Io ho in cul la roba e schiavo son degli uomini.
Or basta: se tu brami d'aver redaChe il regno dopo te governi e domini,
Commetti al Mosca, al Biondo e a Romolino,
Che un cuor ti portin d'asino marino.
13
Et ordina di poi, che se ne cuocaLa terza parte in circa arrosto o lessa;
Ch'in tutti i modi è buona; e danne un pocaIn quel modo a mangiare alla duchessa.
Presa che l'ha, gli è fatto il becco all'oca(202);
Chè subito ch'in corpo se l'è messa,
Senzachè tu più altro le apparecchi,
Dottela pregna infin sopr'agli orecchi.
14
Oh questa, disse il duca, è veramenteDa pigliar colle molle! che un somaro
Possa col cuore ingravidar la gente!
Vedi, non ti son finto; io non la paro(203).
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Perïone Mosca Biondo Romolino
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