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      Per gir con esse a rincalzare il pino.
      Un'altra cosa ancor mi dà gran noia:
      Ed è, che sotto son come un cammino;
      E che innanzi a Minòs e agli altri giudiciRappresentar mi debba co' piè sudici.
     
      21
      Ma ecco omai l'ora fatale è giunta,
      Ch'io lasci il mio terrestre cordovano(467);
      Già già la Morte corre, che par unta,
      Verso di me colla gran falce in mano;
      Spinge ella il ferro nel bel sen di punta(468),
      Ond'io mancar mi sento a mano a mano;
      Però lo spirto e il corpo in un fardelloTiro fuor della vita e vo all'avello.
     
      22
      Ormai di vita son uscito, e pureNon trovo al mio penar quiete e conforto.
      O cielo, o mondo, o Giove, o creature,
      Dite, se udiste mai così gran torto?
      Se Morte è fin di tutte le sciagure,
      Come allupar(469) mi sento, ancorchè morto?
      E come, dove ognuno esce di guai,
      Mi s'aguzza il mulino piucchè mai(470)?
     
      23
      Va' a dir(471) che qua si trovi pane o vinoO altro da insegnar ballare al mento:
      Se non si fa la cena di Salvino(472),
      Quanto a mangiare, e' non c'è assegnamento.
      O ser Isac(473), o Abramo, o Iacodino,
      Quando v'avete a ire al monumento,
      Voi l'intendete, che nel catalettoCon voi portate il pane ed il fiaschetto.
     
      24
      Orbè, compagni(474), olà dal cimitero,
      Se 'l ciel(475) danari e sanità vi dia,
      Empiete il buzzo(476) a un morto forestiero,
      O insegnategli almeno un'osteria.
      Sebben voi fate qui sempre di nero(477),
      Perchè di carne avete carestia,
      È tale l'appetito che mi scanna,
      Che un diavol cotto ancor mi parrà manna.
     
      25
      Sebben non c'è da far cantare un cieco,
      Di questa spada all'oste fo un presente,
      Che ad ogni mo', da poi ch'ella sta meco,


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Il Malmantile riacquistato
di Lorenzo Lippi (Perlone Zipoli)
Barbera Editore Firenze
1861 pagine 283

   





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