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      Metto uno strido, e mi ritiro in dreto,
      Io, c'ho paura allor, ch'ei non m'ingoi;
      Ma quegli, ch'è un lione il più discretoChe mai vedesse il mondo o prima o poi,
      Ciò conoscendo, tutto mansuetoGli lascia in terra, e va pe' fatti suoi.
      Ed io gli prendo allora, essendo certaD'averne aver bisogno in sì grand'erta;
     
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      Là dove non si può tenere i piedi,
      Ma bisogna che l'uom vada carponi.
      Perciò con quegli uncini poi mi diediA costeggiar il monte brancoloni:
      E convenne talor farsi da piedi,
      Battendo giù di grandi stramazzoni,
      Perchè non v'è dove fermare il passo;
      Cagion, che spesso mi trovai da basso.
     
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      Tutti quei topi via ne vengon ratti,
      E furon per mangiarmi dalla festa;
      Perocchè dalle granfie io gli ho sottrattiDi quella bestia a lor tanto molesta.
      Così vo rampicando come i gattiSull'aspro monte dietro alla lor pesta,
      Sopportando fatiche, stenti e guai,
      E fame e sete quanto si può mai.
     
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      Pur finalmente in capo a due altr'anniGiungemmo al luogo tanto desiato.
      Ma non finiron qui mica gli affanni,
      Perchè di muro il tutto è circondato;
      E qui s'aggiunge ancor male a malanni,
      Ch'io trovo l'uscio, ma 'l trovo diacciato(501).
      Pensa se allor mi venne la rapina(502),
      E s'io dicevo(503) della violina.
     
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      Ora tu sentirai, che 'l dare aiutoA tutti quanti sempre si conviene;
      Perchè giammai quel tempo s'è perduto,
      Che s'è impiegato in far altrui del bene.
      Non dico sol all'uomo, ma anche a un brutoChe forse immondo e inutile si tiene,
      E che tu non lo stimi anche una chiosa(504);
      Perocch'ognuno è buono a qualche cosa.
     
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      Se tu giovi al compagno, allor tu fai


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Il Malmantile riacquistato
di Lorenzo Lippi (Perlone Zipoli)
Barbera Editore Firenze
1861 pagine 283