E feci come chi s'è rotto il naso,
Che versa il sangue e corre al lavamane.
Così cors'io a piangere a quel vaso,
Durando a lagrimar sei settimane;
E per aver quel più voglia di piagnereMi diedi pugna sì, ch'io m'ebbi a infragnere.
77
Quando veddi ch'egli era poco menoIn su che all'orlo ed esser a buon porto,
Volli, innanzi ch'e' fosse affatto pienoE che 'l marito mio fosse risorto,
Lavarmi il viso e rassettarmi il seno,
Acciò sì lorda non m'avesse scorto.
Perciò mi parto, e cerco se in quel montePer avventura fosse qualche fonte.
78
In quel ch'io m'allontano, com'io dico,
Martinazza, che era in Stregheria,
Passò di là portata dal nimico(508),
Chè non potette star per altra via;
E perchè sempre fu suo modo anticoDi far per tutto a alcun qualche angherìa,
Lesse il pitaffio, squadrò l'urna, e tenneChe lì fosse da farne una solenne.
79
Se qua, dice fra sè, Cupído dorme,
Vo' risvegliarlo, per veder un trattoS'egli è come si dice, e se conforme
A quel che da' pittori vien ritratto;
Sebben chi lo fa bello, e chi deforme:
Basta; mi chiarirò com'egli è fatto.
Per questo ad empier mettesi quel vaso,
A cui poco mancava ad esser raso.
80
Coll'animo di piagner vi s'arreca;
Ma ponza ponza(509), lagrima non getta:
Si prova a far cipiglio e bocca bieca(510),
Nè men questa è però buona ricetta.
Al fin si pone a un fumo che l'accieca,
Sicchè per forza a piangere è costretta;
Onde la pila in mezzo quarto d'oraRestò colma, e Cupído scappò fuora.
81
Quand'ella verso lui voltò le ciglia,
E vedde quella sua bella figuraDisposta e grazïosa a maraviglia
| |
Stregheria Cupído Cupído
|