S'io non ti servo, perch'io fo a fidanza.
Dunque ti lascio, e sono al tuo piacere,
Fatti servir da questo cavaliere.
44
Nepo la mena allora alle sue stanze,
Che i paramenti avean di cuoi umaniRicamati di fignoli e di stianze,
E sapevan di via de' Pelacani(660):
Ove gli orsi, facendo alcune danze,
Dan la vivanda e da lavar le mani:
Volati al cibo alfin, come gli astori,
Sembrano a solo a sol due toccatori(661).
45
Fiorita è la tovaglia e le salvietteDi verdi pugnitopi(662) e di stoppioni,
Saldate(663) con la pece, e in piega stretteInfra le chiappe state de' demòni.
Nepo frattanto a macinar si mette,
E cheto cheto fa di gran bocconi,
Osservando(664) Caton, ch'intese il giuoco,
Quando disse: in convito parla poco.
46
Fa Martinazza un bel menar di mani;
Ma più che il ventre, gli occhi al fin si pasce;
E quel pro fàlle, che fa l'erba a' cani,
Chè il pan le buca e sloga le ganasce;
Perchè reste vi son come trapàni,
Nè manco se ne può levar(665) coll'asce;
Crudo è il carnaggio, e sì tirante e duro,
Che non viene a puntare i piedi al muro.
47
Talchè s'a casa altrui suol far lo spiano(666)
E caseo barca(667) e pan Bartolommeo,
Freme, chè lì non può staccarne brano;
Pur si rallegra al giunger d'un cibreo,
Fatto d'interïora di magnano,
E di ventrigli e strigoli(668) d'Ebreo;
E quivi s'empie infino al gorgozzule,
E poi si volta e dice: acqua alle mule(669).
48.
Prezïosi liquori ecco ne sonoPortati ciascheduno in sua guastada,
Essendovi acqua forte, e inchiostro buono,
Di quel proprio ch'adopera lo Spada(670).
Ella, che quivi star voleva in tuono,
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Pelacani Caton Martinazza Bartolommeo Ebreo Spada
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