Così ribeve un colpettino, e incambioD'andare a letto, s'arma e piglia l'ambio.
18.
Senza lume nè luce via spulezza(785),
E corre al buio, che nè anche il vento:
Non ha paura mica della brezza,
Perch'egli ha in corpo chi lavora drento;
Per la mota sibben si scandolezza,
Chè, dando il cul in terra ogni momento,
Quanto più casca e nella memma pesca,
Tanto più sente ch'ell'è molle e fresca.
19.
Dopoch'ei fu cascato e ricascato,
Per non sentir quel molle e fresco ancora,
Chè'l vino, e quanto dianzi avea ingubbiato,
Opra di dentro sì ma non di fuora,
Giunto al mulin, dal mezz'in giù sbracciatoSi sciaguatta(786) i calzoni in quella gora,
Per dopo nella casa di quel locoFarsegli tutti rasciugare al foco.
20.
Mentre si china, dando il culo a leva,
E' fece un capitombolo nell'acqua;
Ond'avvien ch'una volta ei l'acqua bevaSopra del vin, che mai per altro annacqua.
Quanto di buon si è, che s'ei volevaLavare i panni, il corpo anche risciacqua:
E divien l'acqua sì fetente e gialla,
Che i pesci vengon tutti quanti a galla.
21.
Le regole ben tutte a lui son note,
Che insegnò, per nuotar bene, il Romano(787):
Distende il corpo, gonfie fa le gote.
Molto annaspa col piede e colla mano.
Intanto si conduce fra le ruote,
Che fan girando macinare il grano;
Ben se n'avvede, e già mette a entrata(788)
Di macinarsi, e fare una stiacciata.
22.
In questo che il meschin già si presumeD'andar a far la cena alle ranocchie,
Aprir vede una porta, e in chiaro lumeSventolar drappi e campeggiar conocchie;
Chè le Naiadi ninfe di quel fiume,
Coronate di giunchi e di pannocchie(789),
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Romano Naiadi
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