Ch'ell'abbia a far sì grande storcimento,
Perchè gli par d'averle dato piano,
Anzi d'averla tocca a malo stento;
Ma quando sanguinar vedde la mano,
Io mi disdico, disse, e me ne pento;
Finalmente io ho il diavol nelle braccia,
E sono e sarò sempre una bestiaccia.
56.
Per curargliene pensa e ghiribizza,
Ma non sa come; al fin gli tocca il ticchioDi tôr del sale e ve lo spolverizza,
Come il villano quando fa(1031) il radicchio;
Ed ella, chè la man perciò le frizza,
E di quel tiro(1032) stiaccia(1033) come un picchio,
Ritiratasi in camera in sul lettoManda giù Trivigante(1034) e Macometto.
57.
Il principe, a quel grido a quel guaire,
Quale a soqquadro il vicinato mette,
Si sente tutto quanto imbietolire,
Ch'amore in lui vuol far le sue vendette.
Comincia impietosito a maledireIl mestolino e quei che glie lo dette;
E per mostrare or quant'ei lo disprezzi,
Lo getta in terra in cento mila pezzi.
58.
E pensa poi la bestia scimunita,
Che se un cane, scarpione o ragnateloCi morde in qualche parte della vita,
E che se il corpo loro ovvero il peloS'applica presto sopr'alla ferita,
Va via il dolore ed è la man del cielo;
Quel mestolino ancora, essendo messoDov'egli ha rotto, debba far lo stesso,
59.
Ravvia quei legni, ond'egli forse speraCessare il duolo, i pìanti e le querele;
E perchè per le fasce ivi non eraComodità di panni nè di tele,
La camicia dappiè fregiata e neraDa' venti che portavan via le méle
Squaderna fuora, e tagliane un buon brano;
Così alla donna medica la mano.
60.
Gridò la donna allor come una bestia,
E dopo il dirgli(1035) manco che messere,
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Trivigante Macometto
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