(561) FA A VITE. Storce la gola.
(562) PER ISTORNO. Per rimbalzo, di rimando.
(563) IL CAPPEL ROSSO portavano gli Ebrei in Firenze.
(564) SICILIANO. Ben s'intende che qui vuol dire: Ti coprirò di ferite o ti ucciderò; ma l'allusione è ignota o almeno assai incerta.
(565) DOVE I LADRI, cioè in Malmantile, dove ladra è la regina e ladra Martinazza.
(566) QUEI. I diavoli.
(567) LETTO A TRE COLONNE. Le forche.
(568) NON UCCELLA, ecc. Non si contenta di poco.
(569) MENTRE. Se.
(570) ESSA. Psiche.
(571) ED EI SI CERCA ecc. Questo usavasi fare in Firenze a chi prendeva una seconda o terza moglie.
(572) DETTA, dal pl. latino Debita, Assunto, Incarico.
(573) SALVUMMEFFACCHE. Salvum me fac. Luogo di salvamento.
(574) UN PORCELLINO che strida, grattandolo, si cheta.
(575) MAGGIORINGO ecc. In furbesco valeva Il principe.
(576) LA CIPOLLA. La testa.
(577) COSOFFIOLA. Affannona.
(578) BIRACCHIO. Straccio, punto.
(579) CAVAR DI SCHERMA. Far perdere il filo del discorso. Ma qui ci cade più a proposito, perchè Martinazza stava insegnando la scherma.
(580) SPOGLIAZZA. Cavallo a calzoni calati. Uno scolare prendeva a cavalluccio il paziente spogliato dei calzoni, e il maestro gli dava sferzate nel sedere. Oggi spero che ad intendere questo passo ogni scolare abbia bisogno di questa nota.
(581) IN CHIARENNA. Assai lontano. Modo di cui non si rende ragione; e ne ha il Boccaccio de' più strani.
(582) I ENNE INNE. Così dice il bambino che cómpita. Serve ad esprimere il darsi gran moto irresolutamente e senza concluder nulla.
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