Noi riteniamo lo studio completo della mente umana, come la sintesi più alta dell'opera scientifica; e quando quella mente è geniale, quando è stata la causa delle più forti emozioni che l'arte ci abbia fatto provare, quando riconosciamo che essa ci ha resa ora più bella la vita, non chiudiamo gli occhi accecati dall'entusiasmo; ma allora risorge il nostro spirito scientifico, per un istante dominato dal sentimento, e vogliamo vedere come il meraviglioso fenomeno avvenga, così come il meteorologo studia come si formi l'aurora boreale, non credendo per questo di offuscarne l'incanto(8).
Se lo scienziato è, in questi studi, dominato dal sentimento, quando studia l'opera e quando indaga i dolori dell'artista, e se una commozione dolce e grave insieme lo pervade quando compone in una sintesi l'opera e la vita, le gioie e i tormenti, le idealità e le miserie, nei suoi giudizi non è mosso da alcuna passione, salvo dall'amore della ricerca del vero, e dall'ardente desiderio di spiegare come i fenomeni si producano.
Il Prof. E. Carrara il letterato mite ma fine ed arguto (Iride, v. 26, 1899; ed Archivio di Psichiatria, v. XIX), si esprime ancor più chiaramente.
La lotta, scrive egli, dei critici antropologi e degli esteti è fondata sopra un equivoco reciproco.
In realtà gli è un grande chiasso per nulla; perchè al mondo c'è posto per tutti: così per gli esteti come per gli antropologi, per le farfallette come per le aquile.
A pensarci bene, queste due sorta di critici non si urtano che per errore: come due treni che vanno in direzione inversa fra due stazioni medesime, che si incontrano perchè lo scambio fu fatto male, laddove non dovrebbero che incrociarsi.
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Prof Carrara Iride Archivio Psichiatria
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