La critica d'arte, appunto perchè tale, ha per ultimo ed unico oggetto d'analisi l'opera d'arte; e lo studio dell'autore, dei tempi, degli antecedenti, dei seguenti, della genesi, degli elementi, della efficacia di essa opera, non è che una gran messe d'elementi sussidiari all'esatto apprezzamento della produzione d'arte. Quindi la critica estetica procede, in certa guisa, dall'autore all'opera.
La scuola antropologica torinese ha forse il torto di essere un po' sdegnosa, un po' rigida; ma se i suoi oppositori si fossero presi la briga di cercare quel che dice il nome stesso, avrebbero capito che oggetto de' suoi studi è l'uomo-autore, cioè la conoscenza di quel dato organo-uomo che è capace di produrre l'opera d'arte. Quindi un procedimento analitico inverso: da questa e da ogni altro dato che è fornito dalla critica storica, essa trae gli elementi per ricostruire, studiare, classificare l'autore, al quale - e solo al quale - ha rivolta la sua attenzione.
Davanti ad una bella e grossa perla l'orefice ed il naturalista non si comporterebbero lo stesso: per il primo essa ha caratteri, valore, significato assai diversi che per il secondo.
Fra queste due critiche c'è poi un'altra grande calunniata: la storica, la quale non fa che fornire i materiali alle altre due; utile quindi doppiamente e - come accade delle cose davvero utili - disprezzata.
....La parola degenerazione, che fisiologicamente indica certo un'inferiorità, un'imperfezione, un male, è male trasportata nello stesso significato all'apprezzamento sociale del fatto stesso.
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