Come i nevropatici aveva grande sensibilità meteorica. "È tranquillo, è buono, salvo quando vuol mutare il tempo e quando non ha emozioni", scriveva di lui, giovane, la madre Giulia a Fauriel, (Cantù, o. c., II, 160).
Soffriva di balbuzie iniziale specialmente davanti agli estranei ed in alcuni giorni più che in altri; fu in preda a continui disturbi nervosi, - mali di stomaco, lombaggini, mali di denti, di testa, un'impossibilità di lavorare più di 5 giorni in un mese, inquietudini, angosce, - che provocavano in lui strani scoraggiameli.
Era insieme claustrofobo ed agorafobo, sicchè una strada grande gli dava una sensazione penosa, e doveva camminarvi sempre rasente il muro, appoggiandosi dall'altra parte ad un amico; e mentre gli era fisicamente e moralmente impossibile di rimanere da solo in una camera chiusa a chiave e di rimanere nella folla, dichiarava star bene solo camminando; e camminava così rapido, che meglio poteva dirsi corresse. "Ieri mattina, - scriveva egli, per es., a Fauriel, - sentendomi bene, andai a piedi a Brusuglio, e dopo avere corso nelle vie e nel giardino quasi quattro ore, ne sono rivenuto a piedi". Però era incapace di fare un solo passo fuori di casa da solo; per cui, pochi potendolo seguire nel suo passo stranamente affrettato, dovette anche da giovinetto, come ne informa sua madre, passare molti giorni in angoscia, per non poter uscire.
E tutti questi mali partivano o si riflettevano su e dai centri nervosi: così evidentemente nevrotico era il suo mal di stomaco che non gli lascia forza d'intendere ciò che scrive, e talvolta non gli lascia pigliar la penna in mano.
| |
Giulia Fauriel Cantù Fauriel Brusuglio
|