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      Il Manzoni ringraziò e promise di sopprimere nella nuova edizione l'immeritato rimprovero a' cronisti; ma poi se ne dimenticò, ed ebbe a scusarsi della sua "scapatagine" presso l'Odorici". (Bellezza o. c.)
      Una volta, conversando con un amico, gli citò una sentenza che gli pareva bella, ma non si rammentava più dove l'avesse trovata. Sfido! gli disse l'amico: è vostra! (Dialogo dell'invenzione); egli restò confuso, corse al volume delle sue Opere Varie, e rispose un po' balbettando: "Quand'è così, la citazione non ha alcun valore." E mutò discorso. Nè questo è il solo né il più sorprendente esempio della sua davvero "portentosa" dimenticanza di ciò ch'egli stesso aveva scritto. Una sera, narra il Fabris, a chi gli citava due o tre versi del coro: "Dagli atri muscosi", ecc. egli disse non ricordare punto quei versi. Un'altra sera una signora, che aveva recitato stupendamente a Napoli la parte d'Ermengarda, gli diede il proprio ritratto; con sotto scritti alcuni versi di questo personaggio; invano i famigliari gli ricordavano che eran suoi; egli sostenne risolutamente di non averli mai scritti; finché dovette cedere alla evidenza: "quando gli additai (scrive Fabris) il luogo preciso della tragedia dove si trovavano. Un'altra volta lo trovai circondato da un mucchio di libri, e tutt'intento a cercare un passo di un autore, ch'egli aveva in mente; e richiesto da lui se lo sapessi trovare, gl'indicai una delle sue opere, al che egli stentando a prestar fede, andò a cercare il volume, né si acquetò fino a che non gli ebbi mostrata la pagina". (Bellezza, o. c.)


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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